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Westfjords Islanda

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Nell’estremo nordovest dell’Islanda fra canoe, camminate e squali putrefatti.
In viaggio per Adventure Travel Magazine.

“A proposito, c’è una sorpresa dopo cena” dice Gunnar.

“Mh. Ah. E cosa sarebbe” Sono troppo impegnato con un piatto di pesce di dimensioni vichinghe per provare il benché minimo interesse verso qualsiasi altra cosa.
“Una sorpresa” risponde Sigga. Non fa una piega.

Sigga e Gunnar saranno le nostre guide per una -ahimé breve- esplorazione della regione dei Westfjords islandesi: la prima tappa è la cittadina di Isafjordur, e in particolare il ristorante Tjorohusid. Un ottimo inizio.

“Faremo un giro in kayak” dice Gunnar.
Stai scherzando, vero? Sono così pieno di cibo che andrò a fondo come un sasso. Fra l’altro non nutro tutto questo amore per l’acqua liquida E non ho mai toccato un kayak in vita mia. E…
“Stai zitto. Vedrai che ti piacerà”.

Isafjordur
In kayak a Isafjordur

È quasi mezzanotte quando lasciamo il ristorante -qualcuno piuttosto a malincuore. Il solstizio d’estate è passato da pochi giorni e il sole artico è ancora alto sopra l’orizzonte. Isafjordur ha l’apparenza di una città fantasma: niente si muove, le strade sono vuote, le case silenziose.
E per forza, mi rendo conto non senza spremere i miei poveri neuroni: è notte. Sono tutti a dormire.

Avviluppato in una muta e dotato di tutti gli accessori richiesti, vengo conficcato in un kayak e lanciato nelle acque del fiordo.
I primi minuti sono una battaglia silenziosa con il mio nuovo ambiente: sono completamente incapace di avanzare in linea retta. Cercare di virare, d’altra parte, è appena più semplice di un allunaggio. E mi faccio la doccia ad ogni colpo di remo.
Poi però succede qualcosa fra me e il diabolico oggetto di plastica: trovo il ritmo giusto, scivoliamo senza sforzo sull’acqua seminando il panico fra le papere addormentate. Avanziamo nel fiordo, circondati da alte pareti di roccia e pendii erbosi. Il cielo notturno è incredibilmente azzurro e luminoso (e no, proprio non riesco a farmene una ragione).
Non lo ammetterò mai, ma alla fine mi sarebbe piaciuto pagaiare ancora un po’.

Sudureyri
Sudureyri

Dormiamo nel piccolo villaggio di pescatori di Sudureyri per dirigerci poi al porto di Bolungarvik. Abbiamo appena fatto colazione, di conseguenza deve essere mattina: il sole non è molto d’aiuto, visto che continua a rimanere ostinatamente ben alto nel cielo.

Saliamo sul traghetto per la penisola di Hornstrandir. L’intera area è un parco naturale: non ci sono strade né insediamenti permanenti. Si accede solo in barca o a piedi. Navighiamo circondati da ucceli marini: goffe pulcinelle di mare scappano via o si immergono per sfuggire alla barca. Gabbiani seguono la nostra scia e volano in cerchio sopra di noi.

Il traghetto si ferma nella baia di Adalvik, una scialuppa ci lascia sulla spiaggia nera davanti a una manciata di casette di legno. Gli ultimi abitanti hanno abbandonato la regione negli anni ’50, ma molti usano ancora le loro vecchie abitazioni come residenze estive. Il traghetto scompare dalla baia.

Siamo soli alla fine dell’Islanda, e l’unica via d’uscita è una lunga camminata.
È una sensazione fantastica.

Adalvik
Adalvik

Ci mettiamo in marcia. L’estate è arrivata tardi quest’anno, l’erba è ancora schiacciata dalla neve del lungo inverno. Chiazze di bianco punteggiano i pendii di basalto. Superiamo la chiesa abbandonata e ci arrampichiamo su un altopiano sassoso. I fiordi in lontananza sembrano le fauci del serpente Jormungandr che azzannano il mare -o forse mi sono un po’ lasciato trasportare dall’immaginazione…

Un vento gelido scende dal ghiacciaio Drangajokull incappucciato da nuvole bianche.
“Quella deve essere una gran bella camminata” dico a Gunnar.
Mi guarda: “Possiamo andarci, se vuoi”.
Maledizione, sì che vorrei. Ma lunedì devo essere a lavoro.

Hornstrandir1
Camminando per Honrstrandir
Hornstrandir 2
L'altopiano

Arriviamo a Hesteyri, una vecchia stazione baleniera abbandonata. La casa del dottore è stata convertita in un bar con periodi di apertura apparentemente arbitrari -oggi no.
Questo è anche l’ambiente di un famoso thriller islandese: Sigga, ma ci hai portati qui solo per inseguire il tuo romanzo preferito?

Un altro traghetto ci porta indietro in compagnia di una manciata di altri visitatori sbucati da chissà dove. Raccogliamo anche due ragazzi rimasti bloccati con i loro kayak dalla fatica e dalle correnti. Novellini.

Ritorno
Ritorno

Di ritorno a Sudureyri la nostra iniziazione all’Islanda non può essere completa senza la sfida finale -che anche il grande chef Gordon Ramnsay si dice abbia fallito: mangiare hakarl, lo squalo islandese fermentato -dove “fermentato” è un generosissimo eufemismo per “putrefatto”. I dettagli esatti della preparazione di questa prelibatezza locale mi sfuggono, ma sembra che anche i gabbiani si rifiutino di mangiarlo.

Mi prendo il mio tempo a masticare il cubetto di quella cosa fra lo stupore dei miei commensali, e lo butto giù come da tradizione con un bicchiere di grappa islandese.
Il retrogusto acre di ammoniaca e decomposizione mi rimane in bocca per tutto il resto del viaggio. Si spande anche in tutta la macchina, stando ai miei compagni di viaggio.

Lorenzo e Hakarl
Hakarl e Brennivin

Sudureyri ha anche una sorgente calda naturale, che alimenta una piscina all’aperto. Passiamo prevedibilmente il resto della serata lì dentro, contemplando la vallata e il cielo sempre troppo azzurro. C’è anche una famiglia locale, il padre si è portato un gelato nell’acqua bollente e se lo sta gustando con un enorme sorriso stampato in faccia.

Sigga ci ricorda il programma dei prossimi giorni: una breve passeggiata a cavallo a Heydalur, poi ancora fonti termali e infine il piccolo villaggio di Djupavik con la sua fabbrica di aringhe abbandonata.
“Si può tornare a Hesteyri a piedi di là”, chiedo a Gunnar.

“Certo” strizza l’occhio la guida “Però poi non torni in ufficio lunedì”.

Due libri per continuare a viaggiare:

Gwyn Jones, “A History of the Vikings”, Oxford University Press (2001): una storia dei vichinghi dalle origini fino alla battaglia di Stamford Bridge nel 1066.

Crossley-Holland, “The Penguin Book of Norse Myths”, Penguin (2018): tutto quello che c’è da sapere su Odino, Thor, Loki e gli dei ed eroi della mitologia norrena.

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